La storia della Parrocchia
A cura di Giorgio M. Luca
La prima popolazione di Maletto, tra storia e leggenda, si aggrega circa alla metà del 1200, attornoo alla Rocca del Castello, ove il Conte Manfredi Maletta, da cui il luogo prende il nome, Camerlengo del Re Svevo Manfredi, nel 1263 costruisce la Torre del Fano con funzioni militari.
E’ probabile che ai piedi della Rocca venne costruita anche una piccola chiesa con la torre civica.
Nel 1300 questa popolazione si disperde. Il feudo e il Castello, nel 1386 passano alla famiglia Spadafora, che sarà feudataria ininterrottamente fino al 1812.
Ruggerotto Spadafora nel 1449 ottiene dal Re Alfonso D’Aragona l’investitura del feudo di Maletto con la “Licentia populandi” e il mero e misto imperio, ossia l’autorizzazione a costruire la terra di Maletto, radunarvi gente di ogni fede con l’obbligo del servizio militare al Re e la giurisdizione civile e penale. Viene costruito cosi, tra la fine del 1400 e i primi del 1500,l’antico centro urbano.
Si raccoglie, per la seconda volta una popolazione, che tuttavia per le precarie condizioni economiche ben presto si disperde.
Nel 1502 Giovanni Michele Spadafora ottiene dal Vescovo di Messina, Belladoro, l’exquatur, cioè l’autorizzazione a costruire la prima Chiesa, intitolata a S. Michele Arcangelo. Eseguita negli anni dal 1503 — 1510 era di esclusiva proprietà del feudatario a carico del quale stava il suo mantenimento. Egli presentava il prete curato che veniva poi nominato dal Vescovo di Messina, della cui giurisdizione faceva parte a quel tempo Maletto. La Chiesa venne costruita accanto al Palazzo Baronale dal quale la famiglia baronale vi accedeva direttamente per assistere alle funzioni religiose. Sotto di esso vi erano le carceri e in continuo tutti i magazzini ed edifici al servizio del feudo.
Alla metà del 1500 si ricostituisce ancora una volta una piccola popolazione più consistente delle precedenti proveniente in buona parte dal messinese. Inoltre vengono a Maletto alcuni abitanti del vicino casale di Santa Venera, di origine bizantina, forzatamente abbandonato a seguito dell’ordine, nel 1535, dell’Imperatore Carlo V, che da Randazzo in tale anno comandava l’abbandono di tutti i casali sparsi nella zona e di riunirsi a Bronte e che ridusse Maletto ad essere chiuso e circondato da ogni parte dal territorio Bronte, come lo è ancora oggi.
Questi mantennero vivo il culto per Santa Venera sino al secolo successivo, quando a seguito di un miracolo ricevuto da una donna di Maletto, il Cappellano, Sac. Antonino Scarlata, nella sua veste anche di Capitano della Terra di Maletto, ottenne nel 1660, la licenza dal Vescovo di Monreale, per andare processionalmente in tale Chiesa ristruttura trovandosi essa in territorio di Bronte e, quindi appartenente alla giurisdizione di quel Vescovo. Infatti a seguito del privilegio della Regina Margherita di Navarra del 1173 era stata costruita l’Abbazia Benedettina di S. Maria di Maniace (oggi Castello Nelson di Bronte), aggregata con tutto il territorio della zona di Bronte, a Santa Maria La Nuova di Monreale.
La licenza venne concessa per i casi in cui vi fosse penuria o bisogno d’acqua. La chiesa restaurata ad opera del Sac. Scarlata, successivamente fu abbandonata e rovinò fino alla sua totale scomparsa nel 1800.
La svolta definitiva per Maletto si ha nel 1619,quando il feudatario Michele Spadafora Bologna, ottiene dal Re Filippo III D’Austria, da Madrid, il titolo di Principe di Maletto. Egli e i suoi successori emisero una serie di agevolazioni ed esenzioni per favorire la venuta in questo posto di abitanti e per rendere definitiva e stabile la popolazioni. Ciò effettivamente attirò a Maletto molte persone, in gran parte dal vicino Bronte, in cerca di un luogo ove risiedere e lavorare sotto la tutela del Principe che, visti anche gli atteggiamenti ed i comportamenti di quei tempi, venne considerato ospitale e prodigo di aiuti verso i forestieri. A tal proposito un proverbio siciliano del tempo dice: “Cu è veru bisugnusu e campa afflitto, si voli ajutu ricurri a Maletto “.
Dall’anno 1619 ad oggi la popolazione di Maletto ha segnato una costante crescita, tranne che negli ultimi anni: dai 249 abitanti nel 1623, a 1.500 circa nel 1812, 2600 nel 1861, 4.063 oggi, oltre a 1.800 emigrati tutt’ora iscritti all’anagrafe. (nel 2021 3.630) Ma l’incremento della popolazione, all’origine, oltre che a fattori puramente economici e sociali, fu dovuto anche alla franchigia di cui godeva il feudo e la nuova Terra di Maletto, che consentì a fuggiaschi, ricercati dalla giustizia del Re e perseguitati di vario genere, di trovare sicuro asilo in questo territorio.
Diverse famiglie esistenti all’origine di questo nuovo periodo sono ancora oggi presenti a Maletto. I registri dei battesimi, defunti e matrimoni esistenti nell’Archivio Parrocchiale, quasi ininterrottamente dal 1618 ad oggi, ci consentono di studiare questi fatti.
Le condizioni di vita e di lavoro, considerate le scarsissime risorse agricole, il clima rigidissimo in inverno, essendo il paese a 1.000 mt. di altitudine, erano tuttavia difficilissime e precarie e il popolo non aveva altra speranza ed aiuto se non nell’intervento divino e nella religione che costantemente ed in modo molto profondo ed intimo segnavano la vita di ognuno, dalla nascita alla morte, in ogni momento della giornata e dell’intera esistenza. Questa ansiosa speranza approda soprattutto nel culto dei santi protettori.
La risposta a questa ansiosa ricerca a Maletto,sta nell’incontro del popolo con S. Antonio di Padova. L’occasione è data dalla grande colata lavica del 1651/54, durante la quale, secondo la tradizione, i malettesi prendono la statua del Santo, lasciata dai brontesi in aperta campagna per fermare il fiume di fuoco. Viene portata a Maletto in un tripudio di gente e il Santo viene proclamato Protettore del popolo di Maletto, che da subito lo sente proprio, quasi in contrapposizione all’originario Patrono S. Michele, considerato il Santo del feudatario. Si verifica, da allora e sino ad oggi, una profonda identificazione tra il popolo di Maletto e S. Antonio di Padova, con uno spiccato culto e devozione che ogni malettese si porta dietro per tutta la vita anche quando è costretto ad abbandonare il paese per emigrare, a volte in gran numero, verso altri paesi e nazioni. Da allora si celebra in suo onore la maggiore festa dell’anno.
Alla fine del 1600, viene anche costruita la Chiesetta rurale dedicata alla Madonna del Carmelo, chiamata “Madre di Dio”, il cui culto è stato ininterrotto e tutt’oggi molto vivo.
Durante il 1700 per le accresciute esigenze il Principe Muzio Spadafora Moncada, negli anni 1783/85 fa costruire la nuova Chiesa di S. Antonio di Padova, donando anche le statue in legno, opera del Bagnasco di Palermo, raffiguranti S. Antonio stesso che viene denominato “Il Nuovo”, per differenziarlo dal “Vecchio” di Bronte e di S. Vincenzo Ferreri che viene festeggiato come compatrono. Probabilmente la nuova chiesa viene costruita nello stesso sito dell’antica chiesa medioevale, della quale non si hanno notizie precise. All’opera contribuiscono, il Sac. Giuseppe Fiorini, che fu Parroco per oltre 50 anni, il Vescovo di Messina Cifaglione ed anche il re Ferdinando e la consorte Carolina.
Con l’abate Onofrio Ponzo, anch’egli Parroco per 40 anni, nel 1816 la Parrocchia di Maletto, intitolata dall’origine a S. Michele Arcangelo, passa dalla diocesi di Messina a quella di Nicosia, fino al 1844, quando passa con Catania.
Abolito il feudalesimo nel 1812, subentra l’Amministrazione Municipale che cerca di aprire Maletto all’esterno, però il cambiamento provoca un repentino iniziale peggioramento delle condizioni sociali ed economiche della popolazione che subisce ora il potere degli eredi del feudatario non più vincolati dagli obblighi e vincoli feudali.
Anche Maletto è interessato dai moti del 1820/21, con l’occupazione del paese da parte dei Brontesi; dalla rivoluzione del 1848 e del 1860, durante i quali accadono importanti avvenimenti per l’assetto del potere locale e si delinea la nuova realtà unitaria.
Morto il Parroco Ponzo, nel 1847, la Parrocchia divenne un semplice Vicariato Foraneo fino al 1928. Dopo il breve vicariato del Sac. Pasquale Sgro, nel 1854 il Vescovo Règano invia a Maletto il novello sacerdote Mariano Palermo. Questi inizia un’intensa attività pastorale ed assistenziale che trasformano Maletto da “desolata vigna” come l’aveva definita lo stesso Règano nel 1854 a “La Badia, modello della Diocesi” come la definisce il Card. Dusmet nel 1881. Gli effetti benefici della sua opera si riflettono ancora oggi nella religiosità e devozione del popolo di Maletto.
La sua principale opera è senza dubbio la costruzione dell’attuale Chiesa Madre, dal 1857 al 1877, nella quale coinvolse tutta la popolazione, superando innumerevoli difficoltà ed affrontando “sacrifici inenarrabili” come egli stesso dice. Il 3 giugno 1877, la nuova chiesa venne benedetta dall’Arcivescovo Card. Dusmet e dedicata ai Sacri Cuori di Gesù e Maria.
Il Sac. Palermo divenne poi Vescovo, prima di Lipari e poi di Piazza Armerina. Senza dubbio è il maggiore personaggio che ha espresso Maletto sin’ora.
La Chiesa Madre fu via via completata con la costruzione del campanile nel 1885 ad opera del Vicario Antonino Schilirò, con la Cappella del Sacramento nel 1909 ad opera del Vicario Portale, le porte laterali, la canonica e in tempi recenti i rifacimenti interni, le Absidi, il tetto, le nuove porte etc. ad opera degli ultimi Parroci.
Nel 1926 il Card. Nava eresse la nuova Parrocchia di Maletto e scelto il Sac. Antonino Schilirò, a seguito di concorso, quale nuovo Parroco dal 1928 al 1947. Uomo colto e letterato, cercò di sistemare l’amministrazione della Chiesa di Maletto. Presenza attiva ed operosa nel periodo bellico e post bellico.
Gli ultimi Parroci che, come i precedenti vengono denominati anche Arcipreti sono stati il Sac. Giuseppe Tirendi, dal 1947 al 1980; il Sac. Salvatore Incognito, dal 1981 al 1996; il Sac. Alfio Longhitano, dal 1996/2011.
Dal 9/2011 – 2/10/2013, il Sac Salvatore Maggio, come Amministratore Parrocchiale e quindi il Sac. Giuseppe Rosa, Arciprete Parroco dal 2/10/2013 all’ 8/12/2015.
Infine l’attuale Sac. Salvatore Paolo Cucè, dal 9/12/2015 quale Delegato Parrocchiale e da 13/6/2016, Arciprete Parroco.
Numerose le vicende, gli avvenimenti e le iniziative che hanno visto la Chiesa di Maletto al centro della storia del popolo malettese negli ultimi quattro secoli.
In particolare la secolare storia della costruzione della Chiesa Madre che viene descritta nell’allegata relazione allora redatta in occasione del concorso indetto per il suo completamento. Pensato ed avviato dal compianto Parroco Alfio Longhitano non ebbe attuazione per la sua malattia e la sua morte. La relazione va integrata con la realizzaione degli ultimi lavoro tuttora in corso.
Infine ci sono da ricordare le visite pastorali più importanti avvenute a Maletto: l’Arcivescovo di Messina Gaetano Garrasi, nel 1803; il Vescovo di Nicosia Gaetano Avarna nel 1819; l’Arcivescovo di Catania, Card. Dusmet nel 1875 e 1877, quest’ultima memorabile in occasione della benedizione della nuova Chiesa Madre; il Card. Francica Nava nel 1902; le varie visite degli ultimi Arcivescovi di Catania Bentivoglio, Picchinenna, Gristina, nonché la messa dell’attuale Luigi Renna.