Ancora sulla stranezza del patrono di Maletto, San Michele, cui viene tributato un culto inferiore rispetto a quello per Sant’Antonino al quale si da’ titolo improvvisato di protettore…
La suggestione è che si tratti di ciò che resta dei conflitti feudali, della contrapposizione tra il Principe, che attrae lavoranti per mettere a frutto il suo feudo, e il popolo, in cui si trasforma l’accozzaglia di sventurati attratti dalle facilitazioni (prima fra cui la possibilità di sfuggire alla giustizia e ingiustizie) utilizzando come catalizzatore un santo ‘popolare’.
San Michele è il santo dei nobili, il santo guerriero, raffigurato in un gesto di potere, utilissimo al racconto del potere. Manfredi Malecta, cui Maletto deve il nome, era anche feudatario di Monte Sant’Angelo dove c’era uno dei templi dedicati all’arcangelo più importanti della cristianità nel Medio Evo. Ma era anche santo difficile da inquadrare, arcangelo, teologico.
Su Sant’Antonio di Padova, raffigurato col Bambino in braccio, c’erano invece vivissimi racconti di prediche e di ‘fioretti’, era ‘il Taumaturgo’, il santo dei miracoli, e un popolo nel Seicento aveva tanto bisogno di miracoli, come il pane, quel pane così difficile da assicurare ai figli tra eruzioni, carestie, guerre e pandemie.
Un’ipotesi è che l’accozzaglia indistinta di disperati si sia trasformata in popolo proprio attorno alla figura di Sant’Antonio e in contrapposizione a quel San Michele, principe degli angeli come il principe Michele Spatafora lo era del feudo di Maletto. E anche in contrapposizione campanilistica a Bronte che circondava il territorio di Maletto pronto a fagocitarlo: il furto della statua di Sant’Antonino dall’Eremo minacciato dalla lava è anche un gesto fondativo, l’affermazione di una distinzione che tradisce una vicinanza.
Così se ne racconta in “Santi, potenti e briganti”:
Il popolo ne discute:
…
– Mah, Come vuole Dio! I fulmini, il malotempo, la malattia, la lava; tutte opere del brutto bestia; solo i miracoli ci possono. “E un mistero, che non si può capire, ma accettato per fede”, dice Don Bastiano.
– Ca certo, che a casa sua il maloverso non ci ’bìta…. Si deve accontentare, il parrino, di quella gallina all’acqua l’acqua, mentre la bella cicòina in potere alla sale, ce la lascia a noialtri.
– E che può fare, il malasortato? Parroco di San Michele è. E San Michele è santo di nobili, santo che non suda, che non si è mai scomodato a fare miracoli.
– Chissà perché i nobili ci pestano tanto, in quel mortaio. Il principe Michele buonanima gli dedicò persino la cappella patronale: chi gli può dire cosa, sono papi e papìano? E nel quadro, il Santo, vestito da nobile, scafazza la testa del brutto bestia che pare… un villano. Ma per la lava? Per il malotempo? Per trovare le cose perdute? Che fa San Michele?… Sant’Antonino, aaaah! Lui non si fa pregare: ci prometti una torcia, due mondelli di frumento, e il miracolo non te lo nega…
Il Principe ne discute col Mastro Notaro e conl Capitano di Giustizia:
…
– Può essere anche che se lo sono rubati loro il Santo. Fatto sta che portarono la statua delle diruta chiesetta ai piedi del castello, senza permesso del padre Bastiano, e ora raccolgono che vogliono fare la festa. Su’ Minico il barbiere sta facendo candele, e Pullo il Mascularo raccoglie salnitro che prepara il giocofuoco.
– E che
Sant’Antonio meglio di San Michele è? Me lo vedo il potente arcangelo Michele sul suo cavallo che dice: “Io mi sono levato la vita e non mi sono scantato manco del brutto bestia e ora spunta questo morto di fame, con quattro miracoli da saltimbanco, e gli fanno pure la festa… C’è il mondo sotto sopra, povera autorità dove andremo a finire… Nino il Monachello… Castello sopra castello dove sta il monachello, sotto o sopra?
– Sopra?…
– Capita’ ma che stamo giocando?
– No signor Principe, eccellenzissima con tutta la settima generazione…
Racconto estratto dalla pagina Facebook “Santi, potenti e briganti”